Criptovalute e dichiarazione dei redditi
Definizione di CRIPTOVALUTA
Definizione secondo la normativa antiriciclaggio
Definizione secondo l’agenzia delle Entrate
Aspetti fiscali: persone fisiche e criptovalute
Diversi sono gli interrogativi che si pongono in relazione alla disciplina fiscale delle criptovalute detenute dalle persone fisiche.
Il più rilevante risulta quello relativo all’eventuale dichiarazione delle plusvalenze realizzate, ulteriore problema è se procedere alla compilazione del quadro RW relativo al monitoraggio degli investimenti all’estero ed attività estere di natura finanziaria. L’Agenzia delle Entrate quanto alla tassazione per le persone fisiche ha specificato che “le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa”. Lasciando intendere così che le operazioni aventi per oggetto i bitcoin sono da assimilare alle valute eteree risultino esenti da tassazione ai fini irpef, laddove manchi la finalità “speculativa”. Il fatto è che l’assimilazione alle valute estere porta ad applicare tutta la disciplina prevista dagli articoli 67 e 68 del Tuir per le persone fisiche “private”. La norma ritiene espressiva di un’attività di investimento, con presunzione assoluta di legge – che non ammette prova contraria – anche il semplice prelievo delle valute estere da depositi e conti correnti.
Tale previsione viene in parte attenuata dal successivo comma 1-ter dell’art. 67, con il quale viene stabilito che le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere derivanti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che, nel periodo d’imposta in cui esse sono realizzate, la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente presso gli intermediari, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi.
Questa interpretazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, non può evidentemente, essere applicata ad un fenomeno così vivace e multiforme come sono le criptovalute; i sette giorni lavorativi continui, risultano nel mondo cripto un concetto che mal si concilia, così come mal si concilia il riferimento al cambio al 1° gennaio del periodo di riferimento e ai depositi e conti correnti, dimostrano tutta l’inadeguatezza dell’accostamento delle criptovalute alle valute estere.
La plusvalenza (secondo la tesi dell’Agenzia delle Entrate)
Il monitoraggio fiscale
Un ulteriore aspetto che chi detiene criptovalute deve considerare è quello di verificare se è tenuto alla compilazione del quadro RW.
“Le persone fisiche, gli enti non commerciali, e le società semplici ed equiparate […..], residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere in natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia”, devono indicarli nell’apposito quadro RW della dichiarazione dei redditi.
Ora, il problema che si pone è se le criptovalute (il problema riguarda anche i token in generale) si possono considerare “attività estere di natura finanziaria”, non rientrando certamente nel concetto di “investimenti all’estero”. Se, in qualche modo, in relazione alle disposizioni sul monitoraggio fiscale, le criptovalute possono essere considerate, sotto il profilo oggettivo, attività di natura finanziaria, le problematiche si pongono rispetto alla questione territoriale, visto che, per essere soggette all’adempimento dichiarativo, deve trattarsi di “attività estere”. Le criptovalute, infatti, sono a-territoriali, non stanno né in Italia né all’estero, le criptovalute stanno sostanzialmente nella “rete”, (di fatto, nella blockchain), per la quale non esiste né il concetto di “estero” né di territorio. Nazionale.
Nonostante tutte le considerazioni, l’Agenzia delle Entrate, a partire dall’anno di imposta 2018, include le valute virtuali tra i beni che vanno dichiarati nel Modello della dichiarazione dei redditi.